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Il farmaco generico in sostituzione di quello prescritto e la relativa responsabilità penale

Il farmaco generico in sostituzione di quello prescritto

Farmaco generico e farmaco prescritto: le differenze

I farmaci generici, sono “equivalenti” a medicinali branded (con marchio brevettato da un’azienda farmaceutica) che alla scadenza della copertura brevettuale, possono essere riprodotti e venduti a prezzo inferiore rispetto a quello dei farmaci originali. Ma in cosa differisce il farmaco generico da questi ultimi?

La legge n. 405/2001 definisce “farmaci generici” quei medicinali che hanno “la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento, nonché una bioequivalenza con lo stesso, dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità”.

Già dalla definizione normativa si deduce che, mentre la composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la forma farmaceutica devono essere le stesse, riguardo alla biodisponibilità, ossia l’entità e i tempi con i quali il principio attivo si diffonde nella circolazione sistemica, possono sussistere delle differenze.

La definizione normativa non comprende invece la componente inattiva del farmaco (eccipiente), che ne determina la forma farmaceutica (capsule, creme, sciroppi, ecc.), ne consente l’assunzione o ne rende più gradevole il gusto. L’eccipiente, che può dunque variare nel farmaco equivalente, pur essendo privo di azione terapeutica, potrebbe avere effetti collaterali sull’assuntore o generare, come si vedrà in seguito, una reazione avversa.

Affrontiamo ora il tema della responsabilità sanitaria legata alla mancata apposizione di clausola di non sostituibilità, alla prescrizione o alla vendita del farmaco generico, rispettivamente da parte del medico e del farmacista.

Attesa l’interscambiabilità dei prodotti, la normativa italiana permette al farmacista di vendere un generico al posto del medicinale branded, sempre che il paziente non indichi espressamente di preferire il medicinale originale o ciò sia specificato nella ricetta del medico, il quale vi dovrà apporre, la cosiddetta clausola di non sostituibilità, corredata – nel caso di paziente mai trattato in precedenza, o curato per un nuovo episodio di una patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili medicinali equivalenti – di una sintetica motivazione della stessa (ad esempio l’intolleranza del paziente ad uno degli eccipienti del generico).

Il farmacista ha quindi il dovere di accertare in primo luogo che nella ricetta non sia stata apposta la clausola di non sostituibilità, in tal caso di verificare la disponibilità in commercio di farmaci equivalenti a prezzo inferiore a quello prescritto, ed informarne il cliente, il quale potrà scegliere se acquistare il farmaco prescritto o quello sostitutivo.

Farmaco generico: la responsabilità del medico

Ma che cosa deve valutare il medico per decidere se apporre la clausola di non sostituibilità? E quando va esente da responsabilità penale per reazione avversa del paziente al farmaco generico?

Innanzitutto vediamo cosa non occorre valutare. Sicuramente il medico deve rifuggire dalla falsa e stereotipata equazione “costa meno = vale meno”. Il farmaco generico costa meno perché non sono necessarie le sperimentazioni cliniche, sostituite dai meno costosi studi di bioequivalenza.

La pari equivalenza terapeutica del generico deve poi essere data per scontata; è l’AIFA che, in qualità di garante del farmaco, autorizzando l’immissione in commercio del generico, ne verifica l’equivalenza terapeutica.

Negli stessi termini può essere affrontato e risolto il problema della cosiddetta forbice: il generico viene ritenuto bioequivalente se, nel tempo, la differenza di concentrazione ematica del principio attivo non è superiore o inferiore al 20%; In caso il medico ritenga che la forbice del 20% in più o in meno sia troppo ampia, egli potrebbe esprimere il dubbio sull’efficacia del generico, ma sicuramente non potrà incorrere in responsabilità penale in caso contrario.

Ciò che invece il medico è tenuto a considerare nel caso in cui ne sia a conoscenza, è l’intolleranza del paziente all’eccipiente contenuto nel generico, presupposto che rende la clausola di non sostituibilità assolutamente doverosa; è altrettanto doveroso che il medico individui, tramite accurata anamnesi, eventuali sensibilità e intolleranze in un nuovo paziente, prima di prescrivere un farmaco.

Può verificarsi che il medico apponga una clausola di sostituibilità subordinata all’equivalenza del farmaco non solo nei principi attivi, ma anche negli eccipienti, per scongiurare il rischio che gli venga attribuita la responsabilità di un’eventuale reazione avversa del paziente, il che costituisce probabilmente un’illegittima deresponsabilizzazione del medico, che fa gravare sul farmacista l’onere del controllo circa l’equivalenza degli eccipienti tra farmaco generico e originale.

Infine, sempre in relazione al singolo paziente, il medico non dovrebbe mai trascurare, nella scelta della terapia farmacologica, la possibilità di errori di posologia o scambio di farmaco, dovuti alla somiglianza nella forma (dimensioni e colore), ad altro medicinale assunto in contemporanea.

Allorché il medico abbia proceduto a tali valutazioni, non risponderà penalmente degli eventuali danni che l’assunzione del farmaco generico abbia procurato al paziente.

La responsabilità del farmacista

Non incorre in responsabilità penale il farmacista che, mancando la clausola di non sostituibilità, venda il farmaco generico al paziente il quale, in seguito all’assunzione, presenti una reazione avversa.

Una responsabilità a carico del farmacista potrebbe configurarsi soltanto qualora si provi che il farmacista (ad es. il farmacista di fiducia, dove il paziente è solito servirsi), era a conoscenza dell’intolleranza del cliente all’eccipiente contenuto nel farmaco. Invero, secondo il principio di cooperazione multidisciplinare, ribadito più volte dalla Cassazione, ogni sanitario deve verificare la correttezza dell’attività precedentemente svolta da altro professionista, se del caso ponendo rimedio all’altrui evidente errore.

Potrebbe quindi avvenire che il medico ignori un’intolleranza del paziente e la ignori per colpa, perché, ad esempio, non ha proceduto ad un’accurata raccolta anamnestica, mentre il farmacista ne sia a conoscenza; in questi casi, il farmacista non dovrà sostituire il farmaco, dovrà tempestivamente prendere contatto con il medico per segnalare l’intolleranza, e sarà inoltre tenuto a fare presente al cliente il rischio nell’assunzione di farmaco diverso da quello prescritto in assenza di clausola di non sostituibilità.

La responsabilità del farmacista in caso di esposizione del paziente all’assunzione di un farmaco al quale egli è intollerante, non esclude peraltro quella del medico, atteso che tale responsabilità può escludersi solo se il rischio creato dal farmacista sia eccentrico e nuovo rispetto a quello creato dal prescrivente.

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