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Patologie amianto-correlate: accertamento e diritti delle vittime

Patologie amianto-correlate: accertamento e diritti delle vittime

La convinzione che le morti per patologie legate all’esposizione all’amianto siano un problema appartenente al passato, non trova, purtroppo, un oggettivo fondamento nella realtà dei fatti. Il libro bianco delle morti da amianto dell’Osservatorio Nazionale dell’Amianto, ci consegna un dato terribile: nel 2017,  in Italia, sono 6.000 le morti correlate all’esposizione all’asbesto.

L’amianto, detto anche asbesto, indica un gruppo di minerali fibrosi delle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli utilizzato soprattutto nell’edilizia e nell’industria per le sue caratteristiche ignifughe e fonoisolanti. In caso di manipolazione o semplice usura dovuta anche agli agenti atmosferici, l’asbesto si frantuma in minuscole fibre che, se inalate, posso essere fonte di patologie mortali; tra le principali, vanno annoverate l’asbestosi, mesotelioma e tumore al polmone.

L’asbestosi è una forma di fibrosi interstiziale polmonare causata dall’esposizione a fibre di asbesto, che si pone come unico fattore scatenante, a differenza dell’eziologia multifattoriale delle patologie tumorali. Si manifesta con difficoltà respiratoria, tosse, dolore toracici, in lavoratori esposti ad asbesto già malati di placche pleuriche e ispessimenti pleurici. Poi può evolvere in insufficienza respiratoria e complicazioni cardiache, e in tumore polmonare e in mesotelioma pleurico.

Il mesotelioma, invece, è il tipo di tumore che colpisce le cellule del mesotelio, ossia lo strato di cellule epiteliali che avvolge come una pellicola la superficie esterna di pleura, peritoneo, pericardio e della tunica vaginale del testicolo. Cellule mesoteliali sono presenti anche in altri organi come fegato e rene. La pleura è costituita da uno strato esterno (pleura parietale), che aderisce alla parete toracica, e da uno strato interno (pleura viscerale), che aderisce al polmone. Il peritoneo è una membrana mesoteliale, molto sottile, in cui si riconoscono, anche qui, uno strato esterno che riveste la cavità addominale e parte di quella pelvica, e uno strato interno che avvolge gran parte degli organi (fegato, stomaco, intestino, ecc.) interni, fissandoli in tal modo alle pareti della cavità. Il tumore del polmone è infine  la neoplasia dei bronchi, bronchioli e alveoli.

Sono cancerogeni del polmone il  fumo attivo  e il  fumo passivo, l’amianto, l’arsenico, il nickel, il catrame, il cromo.

 

La responsabilità del datore di lavoro

Il problema dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro che ha esposto i lavoratori all’amianto senza le opportune misure di sicurezza, incontra una serie di problemi. Innanzitutto, per quanto riguarda la patologie aventi carattere tumorale, la scienza non è in grado di individuare il momento dell’ “innesco”, ossia  il momento in cui ha avuto inizio la cancerogenesi di un singolo individuo, potendo tutto al più stabilire il periodo di latenza media di queste patologie; sicché non è possibile identificare il datore di lavoro responsabile, atteso la successione di esposizioni di amianto nonché la successioni di garanti, ossia di datori di lavoro che si sono succeduti nel tempo. In questi casi, la prova del nesso causale tra la condotta del datore di lavoro e la patologia mortale, non può essere ottenuta se non dimostrando che tutte le esposizioni, e quindi il cumulo di esse, hanno avuto il ruolo di concause nell’anticipare la manifestazione dell’evento lesivo (cd. effetto acceleratore). La legge scientifica di copertura che consente di descrivere un rapporto di diretta proporzionalità tra la dose di amianto inalata e la risposta del meccanismo di patogenesi viene pacificamente riconosciuta come valida rispetto all’asbestosi, dove l’accumulo delle fibre nei polmoni, consente di attribuire effetto di concausa ad ogni dose successiva; lo stesso vale per il tumore del polmone, descritto secondo il “modello multistadio”. Questo discorso è invece più difficile riguardo ai mesoteliomi, dove non si riscontrano uniformità di vedute in merito alla dose correlata o dose indipendente di questo tumore.  Secondo la tesi più ricorrente dei c.t. della difesa, ma è capitato che anche i periti d’ufficio la sostenessero, il mesotelioma rappresenta un tumore dose indipendente nel senso che, una volta innescato, non è più influenzato dalle successive esposizioni all’amianto. Questa teoria, affiancata dall’impossibilità di risalire al momento di innesco della patologia, possono introdurre il dubbio che la vittima si sia potuta ammalare prendendo abitando, anche se per poco tempo, in una casa con la tettoia in eternit, o in altra causa extraprofessionale, magari respirando la fibra dell’amianto nello svolgimento delle mansioni affidate dal precedente datore di lavoro.

 

Prestazioni previdenziali

Se quanto detto finora vale in sede di accertamento di responsabilità penale, discorso diverso va fatto in sede civile-previdenziale. Infatti, atteso che il mesotelioma è contemplato nella tabella delle malattie professionali, c’è la “presunzione legale dell’origine professionale”, e pertanto l’INAIL dovrà immediatamente riconoscerne la natura professionale con l’accredito delle relative prestazioni. Infatti, la sola presenza dell’amianto nell’ambiente lavorativo è sufficiente per ottenere il riconoscimento dell’origine professionale della patologia, sulla base della presunzione legale di origine, senza onere di dimostrazione di superamento di una particolare soglia e anche nel caso che ci fossero state delle esposizioni extraprofessionali, essendo sufficiente la concausa.

L’INAIL, o l’ente assicuratore, ove volesse negare il diritto del lavoratore assicurato alla percezione della rendita e delle relative prestazioni previdenziali, dovrà eccepire e poi dimostrare l’esclusiva origine extraprofessionale della patologia.

L’INAIL, dopo aver sottoposto l’assicurato che ha contratto mesotelioma a visita medico legale, indennizza il danno patrimoniale, per diminuite capacità di lavoro, e quello biologico nel caso in cui il grado invalidante raggiunga il 16%, con una rendita mensile. In caso di decesso, provocato dalla malattia professionale, il coniuge ha diritto alla rendita in reversibilità nella misura del 50%.

 

 

 

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