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Diagnostica differenziale fra omicidio e suicidio con lesioni inflitte per mezzo di “arma bianca”

Diagnostica differenziale fra omicidio e suicidio con lesioni inflitte per mezzo di “arma bianca”

Prendiamo oggi in esame tre casi riferibili a risultanze autoptiche analizzati in ambito accademico e dai quali è derivato un interessante lavoro scientifico¹.

Nell’abituale esperienza forense, l’evenienza di maggior riscontro quando si tratta di ferite da punta, taglio e/o punta e taglio è quella omicidiaria, ma deve essere presa in considerazione anche l’ipotesi di un’azione auto-lesiva (riguardante circa il 2% dei casi di suicidio).

Dal punto di vista patologico-forense i casi di suicidio perpetrato con arma bianca sono riconoscibili dalla presenza delle seguenti caratteristiche:

  • presenza di “tagli di assaggio”;
  • assenza di lesioni ai vestiti (tolti o spostati dalle sedi attinte);
  • assenza di segni riconducibili a terzi (colluttazione);
  • assenza delle tipiche lesioni “da difesa”.

Nel primo caso da noi analizzato, ad esempio, il cadavere fu rinvenuto in posizione supina, sul letto, all’interno della propria abitazione con gli abiti integri e la t-shirt sollevata fino al torace, presentando lesioni plurime all’addome, ai polsi e al collo. Solo due delle ferite addominali riscontrate risultavano approfondarsi all’interno della cavità addominale e le ferite ai polsi, aventi caratteristiche morfologiche di lesioni da taglio, mostravano le peculiarità dei suddetti “tagli d’assaggio”, non presentando profonde discontinuazioni del piano cutaneo. Le lesioni al collo, invece, risultavano ampiamente dimostrative del decesso avvenuto per dissanguamento provocato dalla soluzione di continuo a tutto spessore e a tutta circonferenza della vena giugulare destra. L’assenza, inoltre, di chiari segni di colluttazione e di lesioni “da difesa” portò quindi ad ascrivere il caso come di tipo suicidario.

Nel secondo caso il cadavere fu rinvenuto supino all’interno del proprio salotto. Anche in questo caso riscontrammo una serie di ferite diffuse in diversi distretti corporei, ma senza che fossero intaccati i vestiti (il cadavere aveva la camicia aperta e la t-shirt sottostante sollevata), nonché plurime strie escoriative grossolanamente disposte in modo parallelo fra loro, facilmente identificabili come “tagli d’assaggio”. Non furono riscontrate lesioni agli organi vitali, ma la causa del decesso fu identificata in un’acuta anemia metaemorragica conseguente alla profusa perdita ematica: la vittima si era inferta molteplici coltellate fino a dissanguarsi. Anche in questo caso si trattò di suicidio; non furono infatti evidenziati particolari segni da rapportare a una colluttazione per auto-difesa.

Nel terzo e ultimo caso, esattamente come negli altri due, il soggetto fu rinvenuto cadavere nella propria abitazione e sul corpo della vittima non riscontrammo alcun segno riconducibile all’intervento di terzi o lesioni da ricondursi ad atti posti in essere per difesa personale; vi erano invece i soliti “tagli d’assaggio” e plurime lesioni su varie parti del corpo scoperte (anche qui i vestiti erano sollevati sul torace) in zone facilmente “autoaggredibili”, ossia facilmente raggiungibili dal soggetto stesso: addome, polsi e collo. L’indagine autoptica, corroborata da un’attenta analisi della scena del crimine e da una positività nell’anamnesi patologica per disturbi di tipo depressivo (esattamente come negli altri due casi), portò anche in questo caso a indicare la modalità suicidaria come causa del decesso.

 

¹ “Analisi di tre casi di suicidio con multiple lesioni da arma bianca: risultanze autoptiche e diagnostica differenziale tra omicidio e suicidio”; Amadasi A, Mastroluca L, Giovanetti G F; Barulli L, Zoja R; (Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute – Sezione di Medicina Legale e delle Assicurazioni – Università degli Studi di Milano); GIPF VIII Congresso Nazionale Gruppo Italiano di Patologia Forense.

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