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Valutazione medico legale della certificazione redatta da sanitari di enti pubblici e/o privati: valenza probatoria

Valutazione medico legale della certificazione redatta da sanitari di enti pubblici

Nel presente articolo si intende esaminare la validità e la valenza sul piano medico legale e su quello deontologico della documentazione sanitaria rilasciata da sanitari pubblici e/o privati  mirante alla quali-quantificazione della prognosi in ambito di danni in ambito di responsabilità civile stradale e non.

Il certificato medico è una “attestazione scritta di indole tecnica riguardante fatti di rilevanza giuridica direttamente constatati dal medico nell’esercizio della propria attività”.

In tale certificazione vengono riportati dati clinici riscontrati dal medico che vengono dichiarati conformi a verità fino a prova contraria e che, compatibilmente con l’evolutività dell’alterazione, vanno confermati anche da altro medico nel corso di un controllo tecnico promosso da terzi (datore di lavoro, magistrato, INPS, INAIL, etc.), cui il certificato è stato esibito.

Il medico, dunque, è tenuto a rilasciare al cittadino che ne faccia richiesta certificazioni relative al suo stato di salute che attestino dati clinici, direttamente constatati e/o oggettivamente documentati; egli è tenuto alla massima diligenza, alla più approfondita e corretta registrazione dei dati ed alla formulazione di giudizi obiettivi e scientificamente corretti (art. 24 cod. deontologico).

I requisiti del certificato possono essere suddivisi in formali e sostanziali:

  • Formali: uso di ricettario o di modulistica specifica;
  • Sostanziali: connotati dal principio della veridicità, completezza e chiarezza.

Fra i requisiti sostanziali, rilievo pregnante assume quello della veridicità ovvero attestare fatti per i quali vi sia corrispondenza VERITIERA (possibile, reale e correlata) fra il dato osservato e quanto richiesto o asserito. In buona sostanza la verità non si corrisponde a certezza assoluta ma la veridicità trova conferma nella concreta e reale possibilità. Veridicità: si intende conformità tra quanto constatato obiettivamente dal medico con quanto da lui dichiarato per iscritto (es. colpo di frusta con allegata miopia). Completezza: il certificato deve recare nome, cognome, qualifica e recapiti del certificante; data e luogo del rilascio; generalità del richiedente (nome cognome e data di nascita); la sintomatologia lamentata e riferita; l’obiettività rilevata; il giudizio (diagnosi e prognosi); firma e timbro in calce.

Il certificato va rilasciato sempre e soltanto all’interessato, mai a terze persone anche se parenti ciò ad evitare arbitrarietà o assurdi certificativi contemplanti ad esempio l’attestazione di aver visitato persone appena arrestate o che erano defunte da qualche giorni (tanto al fine di incasso di pensione/delega). Particolare rilevanza assume la data del rilascio del certificato e cioè evitare di rilasciare certificati predatati o postdatati. Chiarezza: tanto afferisce la grafia, la terminologia usata ed il significato della certificazione che nella loro esattezza devono essere comprensibili sia per l’interprete tecnico sia per il paziente; la certificazione deve essere scevra da abrasioni e/o correzioni successive.

Aspetti essenziali: oggetto del certificato sono i fatti di natura medica reali e riscontrati direttamente dal medico che ne attesta l’esistenza. La certificazione deve essere peculiarmente precisa per ciò che concerne il dato obiettivo nel quale va menzionato esattamente il quadro rilevato sul paziente che deve essere lo specchio esatto di quanto acclarato alla visita medica e dunque: né amplificato, né sminuito, né inventato; in assenza di qualsivoglia obiettività non è opportuno indicare alcun giudizio prognostico salvo che non si effettuino adeguati accertamenti al fine di chiarire il quadro sindromico.

Particolare rilevanza assume, come è ovvio in qualsivoglia certificazione sanitaria, il giudizio prognostico che deve presentare caratteristiche di attendibilità in rapporto alla patologia traumatica o meno di cui si discute.

A rilasciare certificazione sanitaria sono notoriamente deputati:

  1. un pubblico ufficiale: a norma dell’art. 357 c.p. sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una funzione pubblica, ossia rappresentano lo stato o un altro ente pubblico nella sfera legislativa amministrativa o giudiziaria;
  2. incaricato di pubblico servizio: a norma dell’art. 358 c.p. rivestono tale qualifica coloro i quali, tramite lo stato od altro ente pubblico autorizzato, prestano un pubblico servizio destinato a soddisfare bisogni della collettività, tipo il servizio ferroviario, le telecomunicazioni ed il servizio sanitario;
  3. esercente un servizio di pubblica necessità: a norma dell’art. 359 c.p. rivestono tale qualifica i privati che esercitano professioni che richiedono una specifica abilitazione dello stato.

Se il certificato è rilasciato da un esercente un servizio di pubblica necessità assume valenza di scrittura privata, mentre se rilasciato da pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio costituisce atto fede facente.

E’ utile rammentare che la Cassazione con l’ordinanza n. 27574/2017, ha chiarito che per la valutazione del danno biologico i giudici devono tenere conto anche delle certificazioni mediche redatte da medici privati poiché: “La provenienza della certificazione medica da una struttura pubblica quanto la sua asseverazione con giuramento non costituiscono requisiti necessari perché essa possa essere presa in considerazione quale elemento documentale a sostegno dei fatti allegati che richiedano un accertamento e/o una valutazione di tipo tecnico scientifico sul piano sanitario, potendo al più incidere sull’attendibilità del suo contenuto”.

Ciò vuol dire che, nel caso in cui la parte facesse richiesta di un risarcimento del danno biologico (oltre che un danno morale e di un danno da invalidità temporanea) in conseguenza di un qualsivoglia danno fisico conseguente ad un evento traumatico presentando delle allegazioni documentali provenienti da medici privati, anche se non asseverati da giuramento, ma comunque risultate formalmente e concettualmente attendibili, il Giudice deve accoglierle al fine del risarcimento del danno.

In ambito di medicina assicurativa è bene però precisare come risulti “privilegiata” in parte la certificazione rilasciata da enti ospedalieri, ovvero ambulatori specialistici nell’ambito del SSN; “condizio si ne qua non” è, per l’appunto, il rispetto attento e puntuale della caratteristiche proprie del certificato e ciò ad evitare il reato di falso ideologico che si concretizza nel contraffare il contenuto concettuale dell’atto dando per autentici fatti non corrispondenti a verità (si presuppone il dolo), ovvero del falso materiale che riguarda la parte formale dell’atto che può essere contraffatta in vario modo, ad esempio apponendo la firma falsa o alterandone la materia con cancellature, raschiature od aggiunte (falsità in scrittura privata, art. 485 c.p.).

Meritevole, come già detto, di attenzionamento appare all’uopo il giudizio prognostico di ordine quali-quantitativo attinente la prognosi che va costantemente adeguata e commisurata al quadro sindromico acclarato tanto al fine di evitare sanzioni disciplinati di ordine giudiziario. In tale ottica utile la valutazione, in caso di sinistro della strada, della valenza del vulnus iniziale, dell’attendibilità del quadro subiettivo lamentato e soprattutto delle risultanze dell’esame obiettivo che deve essere costantemente e puntualmente menzionato al fine di rendere plausibile la certificazione stessa.

Non può peraltro non precisarsi che laddove tale procedimento metodologico risulti carente, leggasi prognosi spropositate per esiti con effetti transitori nel tempo di trauma del rachide cervicale e/o lesioni similari, tanto la certificazione rilasciata da ente pubblico che da medico privato dovrà essere derubricata a mera diagnostica propositiva e come tale svincolata da un concreto significato medico-legale.

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