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Coronavirus: i contagi come infortunio sul lavoro

Nel caso di infezioni da Coronavirus, l’Inail, sia con la circolare n. 13/2020 sia con la nota del 17 marzo 2020, ha chiarito che qualora dovessero colpire il lavoratore, in presenza di determinate condizioni, tali infezioni possano essere inquadrate come infortunio sul lavoro, coerentemente all’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in materia di malattie infettive e parassitarie.

Il sistema di tutela INAIL è incentrato sul concetto di rischio professionale connaturato all’intrinseca pericolosità del lavoro. Il rischio professionale è pertanto sia presupposto della tutela INAIL che elemento costitutivo del diritto alla prestazione assicurativa.

L’infezione da Covid 19, in realtà, ha caratteristiche peculiari che la contraddistinguono rispetto ad altre infezioni morbose e parassitarie, dovute al fatto che il contagio avviene in un contesto pandemico ed universale, che rende impossibile stabilire con certezza se il contagio è avvenuto nell’ambiente lavorativo o al di fuori di esso. Per tale motivo, un’interpretazione eccessivamente restrittiva del cd. “rischio professionale”, avrebbe cagionato, sia un vulnus di tutela dei lavoratori,  che un vulnus alla funzione sociale dell’INAIL, mentre, per contro, un’interpretazione eccessivamente estensiva del rischio professionale, avrebbe determinato una tutela di tipo solidaristico, non ammessa nell’attuale sistema legale di assicurazione pubblica.

Così, per l’individuazione del rischio assicurato, l’INAIL, ha adottato i criteri della ragionevolezza, connesso al principio di presunzione semplice, ed il criterio logico scientifico, connesso ad un principio di presunzione qualificata, a seconda della categoria di lavoratori a cui il rischio afferisce.

Invero, l’INAIL ha distinto due categorie di lavoratori: nella prima categoria rientrano gli operatori sanitari e poi tutti i lavoratori che si trovano a contatto con il pubblico/utenza (cassieri, banconisti ecc.), nella seconda  categoria rientrano tutti gli altri lavoratori.

La circolare chiarisce che la prima categoria non è chiusa ma è un “catalogo aperto”, nella stessa cioè possono rientrarci tutti i soggetti che, previo accertamento in concreto, si trovino a contatto con il virus (ad es. gli addetti alle pulizie) o che entrino in contatto in contatto con l’utenza. Per la prima categoria si ricorre al principio di presunzione semplice: l’istante deve provare di aver contratto il virus e di svolgere, in concreto, lavori che rientrino nella prima categoria o che siano equiparabili ad esse. È onere, invece, dell’INAIL, provare che il contagio sia avvenuto al di fuori del contesto lavorativo,allegando fatti storici che dimostrino, ad esempio che il contagio sia avvenuto in ambito familiare. Si realizza pertanto un’inversione dell’onere probatorio, maggiormente favorevole al lavoratore e sfavorevole all’INAIL.

Nel caso di lavoro appartenente alla seconda categoria, invece, l’onere di allegazione e prova a carico dell’istante è più gravoso perché deve allegare e provare fatti o circostanze che consentano di presumere che il virus sia stato contratto nell’ambiente di lavoro, mentre l’INAIL dovrà provare l’interruzione del nesso causale tra il lavoro e l’evento o controprovare i fatti allegati dalla controparte.

Il  medico legale dovrà poi valutare, in base ai criteri epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale, se tali fatti, allegati e provati, consentano di ritenere probabile che il contagio sia avvenuto sul luogo di lavoro o comunque durante il tragitto casa/lavoro.

Riguardo a quest’ultima ipotesi si può parlare di “infortunio in itinere”: sono tutelati dall’Istituto anche i casi di contagio da nuovo Coronavirus avvenuti nel percorso di andata e di ritorno dal luogo di lavoro. Peraltro, poiché il rischio di contagio è molto più probabile a bordo di mezzi pubblici affollati, per tutti i lavoratori addetti allo svolgimento di prestazioni da rendere necessariamente in presenza è considerato necessitato l’uso del mezzo privato, in deroga alla normativa vigente e fino a termine dell’emergenza epidemiologica.

Il termine iniziale della tutela decorre dal primo giorno di astensione dal lavoro, attestato dalla certificazione medica per avvenuto contagio, ovvero dal primo giorno di astensione dal lavoro coincidente con l’inizio della quarantena, sempre per contagio da nuovo Coronavirus.

Il datore di lavoro, una volta venuto a conoscenza del contagio del lavoratore, ha l’obbligo di denuncia/comunicazione di infortunio entro due giorni dalla ricezione dei riferimenti del certificato medico già trasmesso per via telematica all’Istituto direttamente dal medico o dalla struttura competente al rilascio.

È bene precisare che, stando al tenore letterale delle circolare in questione, nell’ipotesi di infezione da Coronavirus, la produzione del certificato costituisce elemento costitutivo del diritto perché solo al ricorrere di questo elemento, unitamente al requisito della “occasione del lavoro”, si perfeziona la fattispecie malattia-infortunio.

 

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